Su psicofarmaci, psichiatria e malattia mentale.
 
CategoriesIntervista trovata in rete. L'intervistato e' il Dr. Claudio Ajmone, psicologo clinico, presidente della OISM che ci parla della disinformazione e del problema circa gli psicofarmaci e la "malattia mentale".
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Di Marco Bavuso e Luca Bistolfi
Collaboratori de “Il Giornale del Piemonte” – Torino
Il problema psicofarmaci vede coinvolto anche l’aspetto dell’informazione. Pochi, infatti, sono coloro i quali si propongono di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo gli effetti di questi medicinali. Di conseguenza, anche la documentazione scientifica e divulgata risulta di difficile reperibilità. Per esempio, la maggior parte dei siti Internet sull’argomento sono in lingua inglese e, quindi, non accessibile a tutti. Anche per far fronte a questo problema in Italia è nata da qualche tempo un’organizzazione denominata OISM, Osservatorio Italiano sulla Salute Mentale. Dal suo sito (http://www.oism.info ) è possibile reperire un’ampia quantità di documenti sugli psicofarmaci e sui loro effetti talvolta deleteri.
Quest’Associazione è stata fondata dal dott. Claudio Ajmone, psicologo clinico, il quale ne è anche il presidente. E’ davvero una delle pochissime organizzazioni nel nostro paese – non finanziata, se non dai propri soci – a occuparsi sistematicamente d’informare i cittadini su questo delicato argomento. Abbiamo voluto incontrare il dott. Ajmone per porgli qualche domanda sull’Osservatorio e sulla sua personale visione.
Dottor Ajmone, che cosa è l’OISM?
E’ un’Associazione sorta nel 2001 per monitorare l’etica e la validità delle teorie e delle prassi terapeutiche di area psichiatrica. Non aderisce ad alcuna teoria sull’uomo o prassi terapeutica e segue l’etica dei diritti umani come regola di condotta. Si interroga sulla filosofia della salute mentale che si è consolidata nei paesi industrializzati che è decisamente organicista, che punta in modo rilevante sugli psicofarmaci e sul concetto di malattia mentale.
Innanzi tutto un’osservazione è d’obbligo: la maggior parte degli aderenti alla sua Associazione non appartiene all’ordine dei medici, ma “solo”a quello degli psicologi, quindi non potrebbe pronunciarsi sugli effetti degli psicofarmaci. Che cosa risponde?
Abbiamo tra i nostri soci un famoso psichiatra, il dott. Loren Mosher, abbiamo medici che collaborano con noi e le nostre fonti sono costituite prevalentemente da documenti scritti da medici, dalle loro Associazioni, da Organismi che hanno competenza sulla salute mentale, dai risultati delle ricerche universitarie. Riflettiamo su questo materiale traendo le naturali conseguenze. Voglio poi ricordare che nel Nuovo Messico gli psicologi che hanno fatto 400 ore di aggiornamento possono prescrivere psicofarmaci, che i nostri medici di base prescrivono psicofarmaci pur non avendo una competenza in diagnostica psicopatologica paragonabile a quella degli psicoterapeuti non medici. Questa obiezione in definitiva nasce dalla paura della verità, una reazione di difesa.
Quali sono le finalità dell’Osservatorio?
Le più importanti sono: contribuire al superamento del modello medico del disturbo mentale; l’abolizione del TSO; contrastare progetti genetici lesivi dei diritti umani e dell’assetto sociale; l’uso degli psicofarmaci come approccio ai disturbi mentali; la medicalizzazione di massa; l’uso di psicofarmaci sui minori; e sostenere la prevenzione e l’informazione fatta in maniera seria e corretta.
Che cosa significa assumere psicofarmaci?
Significa rinunciare a puntare su sé stessi, affidarsi ad una sostanza tossica, che può creare seri danni sia al corpo che alla mente, ma che non cura nulla. Non c’è disturbo mentale che non abbia una forte componente di pensieri e non c’è farmaco al mondo che possa cambiare il modo di pensare delle persone. Essi possono solo compromettere la capacità di pensare, in alcuni casi fino alla demenza, distruggendo il dono più prezioso che Dio ha fatto agli uomini: il libero arbitrio.
Vuole citare qualche dato in vostro possesso?
Ci sarebbe molto da dire in proposito, lo spazio di un’intervista non consente una risposta adeguata, ma sul nostro sito ci sono dati esaurienti. Colgo l’occasione per dare sommariamente alcuni dati relativi a temi di attualità: il Prozac e il Ritalin ai bambini. Il Ritalin ha 2900 effetti collaterali inclusa la morte a dosaggio terapeutico. Per ammissione degli stessi esperti non è una cura, ma solo la soluzione più comoda per genitori, insegnati e medici che non sanno capire e aiutare i bambini. Il Prozac è ben noto per i suoi 902 effetti collaterali, per i numerosi suicidi e parasuicidi riconducibili al suo uso, nonché per il numero di persone che hanno commesso omicidi durante la sua assunzione. Sono illuminanti in proposito le prese di posizione del prof. David Helay, uno dei massimi esperti mondiali sui farmaci SSRI. E’ anche noto per aver contribuito con la sua perizia alla vittoria della causa legale contro la casa farmaceutica GlaxoSmithKline, seguita dallo studio legale Vickery & Waldner per conto dei parenti di Donald Schell. Questi, dopo aver assunto il Paxil per due giorni (un SSRI), sterminò per intero sua famiglia e poi si suicidò. Il giudice ha accettato la tesi che fu il Paxil a causare un’aggressività tale da indurre Donald Schell all’omicidio. Casi simili sono numerosi anche se non hanno vinto cause nei tribunali.
Qual è il ruolo dei partiti all’interno di questo meccanismo?
Essi hanno la responsabilità primaria rispetto ad un sistema sanitario che noi consideriamo non avere una politica della salute mentale intesa come cura nel senso nobile del termine. Gli interventi che vengono attivati dalla psichiatria hanno effetti debilitanti e i miglioramenti vantati sono degli pseudobenifici, dovuti gli effetti collaterali. In realtà essi indicano il grado di deterioramento della persona. La normativa di area psichiatrica impone il diritto alla cura e non a ciò che cura non è, il tutto nel rispetto della dignità umana e dell’integrità psicofisica. C’è un evidente gap (o ipocrisia?) tra la normativa e la prassi terapeutica istituzionale, i concetti di cura e di rispetto della persona vanno rivisitati. Le attuali norme nazionali e internazionali, incluso quelle sui diritti umani, non forniscono nei fatti alcuna garanzia e tutela ai pazienti.
Non crede che i depressi che assumono psicofarmaci e ne traggono beneficio possano essere in qualche maniera offesi dalle vostre tesi?
No sono nostre tesi, il Prozac e i farmaci della medesima classe sono risultati essere un placebo in seguito a esperimenti molto seri e accereditati in ambito accademico. Permettetemi di rimandare al sito dell’OISM per approfondire questo aspetto.
Recentemente ci è capitato un fatto curioso. Stavamo acquistando un numero di Riza Psicosomatica, sulla cui copertina campeggiava questo titolo: «No psicofarmaci. Danno solo finte guarigioni». L’edicolante, una donna che fa largo uso di questi medicinali, voleva addirittura rivolgersi alla magistratura per denunciare il giornale. Che cosa ne pensa?
Questo è il risultato della mancanza di informazione in merito agli psicofarmaci, di una politica pro-farmaco che da mezzo secolo ha inculcato l’idea erronea che essi siano delle cure e che gli effetti collaterali siano marginali, addirittura che essi siano il solo rimedio efficace. Il tutto sorretto da una non provata tesi che i disturbi mentali siano delle malattie, al pari dell’influenza o dei tumori, minimizzando e scoraggiando così il ruolo degli approcci non farmacologici o ponendoli in una condizione subalterna
.Lei prima ha citato Loren Mosher. Vuole dirci chi è e quali rapporti intercorrano tra l’Osservatorio e la sua figura?
E’ nostro socio onorario: una figura storica, un esempio di onestà e coerenza intelletuale. Per circa 12 anni fu responsabile del settore schizofrenia presso il ministero della salute mentale americano e ideò il progetto “Casa Soteria”. Prelevava gli schizofrenici appena ricoverati negli ospedali e li metteva nella sua comunità a gruppi di otto, non prescriveva psicofarmaci, non erano seguiti da psichiatri, da psicologi o da assistenti sociali, non c’era alcun programma formale di psicoterapia. Erano seguiti da due persone non specializzate che dovevano accudirli amorevolmente. In sei settimane otteneva la remissione dei sintomi, le percentuali di ricadute erano inferiori rispetto ai pazienti trattati con farmaci, migliore l’inserimento sociale, faceva risparmiare allo Stato il 44% rispetto al costo di un ricovero. Il metodo fu replicato in altri centri con un successo sbalorditivo. Paradossalmente, dopo questi risultati, nel 1982 gli tolsero i fondi e dovette abbandonare il suo incarico. Ora è Docente di psichiatria all’Università di San Diego in California.
Secondo lei dove vogliono arrivare le case farmaceutiche e tutte le organizzazioni che sostengono la somministrazione degli psicofarmaci?
Alla medicalizzazione di massa, dalla culla alla tomba, fa comodo a molti: soldi, carriera, potere, prestigio, “soluzione” rapida dei problemi senza lo sforzo di capire e aiutare. E’ molto difficile smantellare l’attuale sistema biopsichiatrico, che è diventato un sistema sociale consolidato. Solo un movimento di opinione popolare può attivare quei processi di cambiamento che i partiti e le Istituzioni non sono più in grado di promuovere.
Non pensa che un utilizzo moderato dello psicofarmaco possa dare anche dei risultati positivi in termini di cura?
In rari casi, gravi e statisticamente irrilevanti, una breve sedazione di alcune settimane può avere senso, poiché non si tratta di curare ma di superare situazioni particolarmente problematiche. Purtroppo oggi si fa il contrario. Così, somministrati per tempi lunghi, con i neurolettici antipsicotici si passa dalla sedazione alla lobotomia chimica. Pare che questo non sia chiaro ai politici e ai magistrati che continuano a ritenerle delle cure, persino condizione tassativa per avere la libertà per chi si abbia commesso qualche reato che lo ha portato in carcere e poi in comunità o in OPG. Agli occhi dei giudici e degli psichiatri, chi non li prende di fatto rifiuta la “cura”.
Dal vostro sito si può apprendere che contestate il concetto stesso di malattia mentale. Ci dica qualche cosa di più.
Malattia mentale è un concetto che implica che la causa del disturbo mentale sia biologica e non psicosociale. Coloro che aderiscono a questa opzione a volte sostengono la legittimità della triplice causalità bio-psico-sociale, salvo a sostenere subito dopo che la causa organica è la più rilevante, relegando così le cause psicosociali a concause secondarie o semplici cartine di tornasole che fanno emergere quanto già scritto nei geni. La triplice cusalità funziona come il gioco delle tre carte, vince sempre la causa biologica che inevitabilmente legittima l’uso dello psicofarmaco. Non c’è un solo disturbo mentale per il quale sia stato dimostrata sperimentalmente l’esisitenza della cura [sic! causa] biologica. Se così fosse le diagnosi di disturbo mentale si farebbero con prove di laboratorio medico e non con colloqui clinici e test carta e matita. La popolarità di questa tesi è inversamente proporzionale alla sua credibilità scientifica. Questo concetto sta rendendo obsoleto quello di prevenzione ambientale, in favore della prevenzione genetica, con gravi conseguenze per l’umanità.
Perché secondo lei vi sono psichiatri che si oppongono agli psicofarmaci?
Credo siano persone intellettualmente oneste, si contano sulle dita di una mano, alcuni di loro hanno pagato un prezzo piuttosto alto per il loro dissenso.
Lo psicofarmaco può avere effetti negativi solo sul corpo o anche sulla psiche?
I tranquillanti maggiori, ma anche alcuni che sono considerati minori, compromettono seriamente le capacità cognitivi, quelle emotive e motivazionali, l’adattamento sociale. Questo avviene in funzione dei dosaggi e della durata del trattamento. Purtroppo di questo se ne parla troppo poco.
Quale futuro la psichiatria ci sta preparando?
La prima lezione agli italiani l’hanno impartita i professori Cassano e Pancheri, attraverso due articoli che potete trovare sul nostro sito. Si tratta di due articoli che ci indicano il futuro: la prevenzione genetica. La psichiatria si propone di impedire che nascano persone con problemi mentali attraverso la manipolazione genetica dei nascituri. Trattandosi di un progetto scientificamente infondato il problema che ci poniamo è quale siano i possibili risvolti di questo indirizzo, qualora sfociasse in un disegno politico. Potrebbe letteralmente sconvolgere l’assetto sociale. Lascio alla vostra immaginazione prefigurare i nuovi scenari. Di certo posso dire che se oggi l’antipsichiatria riguarda solo gli utenti, i loro famigliari e qualche addetto ai lavori più sensibile, domani riguarderà proprio tutti.
mandato da Ivan Ingrilli il Giovedì Ottobre 9 2003
aggiornato il Sabato Settembre 24 2005URL of this article:
http://www.newmediaexplorer.org/ivaningrilli/2003/10/09/su_psicofarmaci_psichiatria_e_malattia_mentale.htm
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